Pubblichiamo un estratto dal saggio: Ho visto un
sogno: Io assente ed es-terno in Omero di Emilio
D’Agostino, Università
degli Studi di Salerno, Quaderns
d’Italià 13, 2008
L’articolo
prende in esame la tipologia dei sogni che appare nei poemi omerici.
Vi troviamo sogni ancora legati a quella che Freud definì
«concezione primordiale», ossia una rappresentazione esterna al
soggetto, una specie di messaggio inviato dagli Dei con fini
esortativi o a volte per predire il futuro. Accanto a questi, appare
già il sogno come attività della psiche del soggetto: è il caso
del sogno di Penelope che anticipa la concezione moderna
dell’attività onirica.
La
concezione che Freud chiama «primordiale» è contraddistinta da una
definizione del sogno come puro messaggio inviato durante il sonno a
un individuo da parte della divinità. Esso non è, infatti, prodotto
dell’individuo stesso, ma costituisce una pura «visione» generata
volontariamente dall’esterno. Veritiera oppure ingannevole essa
assume, in genere, un carattere «esortativo», spingendo il soggetto
passivo dell’attività onirica ad un’azione: quella voluta o
incoraggiata dalla divinità...
In modo non
prevedibile si sviluppa, invece, l’episodio del sogno di Penelope.
L‘anomalia, infatti, è data dalla genesi stessa del sogno e dai
suoi contenuti. In apparenza, esso costituisce soltanto un sogno
particolarmente oscuro che, per essere interpretato ha bisogno di un
interprete, un oneirokrites, e di cui la natura è ignota allo stesso
soggetto sognatore, Penelope. La donna, infatti, non fa che essere
ancora portatrice della concezione tradizionale dell’attività
onirica.
E non
potrebbe essere altrimenti. Nel colloquio con Odisseo, che ancora non
le ha svelato la propria identità, Penelope riprende la teoria delle
«due porte»:
Ospite, i
sogni sono vani, inspiegabili:
non tutti si
avverano,
purtroppo,
per gli uomini.
(L. XIX)
Ma Penelope,
durante il sogno, ha pianto e singhiozzato:
E io piangevo
e singhiozzavo nel sogno
(L. XIX, v. 541)
...In
realtà, appare verosimile sostenere che, in questo caso, la genesi
del sogno sia interna e non esterna al soggetto e che, dunque, il
soggetto sognatore sia un soggetto «attivo» che proietta il
contenuto di una parte del suo animo nel sogno stesso. Cioè come il
suo sogno sia prodotto del suo animo, dei desideri confligenti che in
esso si agitano, del conflitto interiore tra questi e la realtà più
prossima e, infine, dallo stesso conflitto sempre intimo che si
genera nell’animo di Penelope tra il desiderio del ritorno di
Ulisse e la considerazione che la spinge ad accettare un possibile
nuovo matrimonio con uno dei pretendenti.
Se non fosse
stato elaborato nel settimo secolo a. C., il sogno di Penelope
rappresenterebbe, forse, un esempio semplice, ma paradigmatico della
concezione moderna dell’attività onirica.
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